Riportiamo questo interessante articolo di Elena Sindaco, AC Gorizia, inerente la tavola rotonda dal titolo “Coscienze migranti”, che ha offerto un’importante prospettiva sull’attuale dibattito legato alle migrazioni. Durante l’incontro, il dibattito ha esplorato la complessità delle coscienze umane e il loro intreccio con la fede, evidenziando come l’esperienza e gli incontri possano plasmare la nostra comprensione della fede stessa. In un mondo polarizzato e spesso ideologico nel trattare il tema delle migrazioni, l’invito a riflettere su come le nostre coscienze siano sfidate e formate dall’incontro con il Vangelo, soprattutto di fronte a fenomeni migratori che influenzano profondamente sia chi emigra sia chi accoglie.
Tavola rotonda sul tema delle migrazioni organizzata dalla Azione cattolica del Triveneto
Tra i partecipanti l’Arcivescovo Carlo Roberto Maria Redaelli
La coscienza è per il battezzato sempre più luogo di incontro tra fede e vita, luogo in cui la sequela di Cristo si traduce in scelte concrete, e anche luogo in cui le esperienze, gli incontri, raffinano la nostra fede e la provocano a crescere.
Lo stile con cui stiamo nelle situazioni, le scelte concrete che facciamo, prima ancora delle cose che diciamo o scriviamo, testimoniano ciò in cui crediamo e il nostro modo di farci prossimo. Il modo in cui noi stessi accettiamo di lasciarci interpellare dalle persone e dalle situazioni, dalla vita associativa e comunitaria, dal servizio di responsabili e di educatori, di lasciarci formare, dice la nostra disponibilità a crescere, narra come la nostra coscienza è cambiata dall’incontro con il Vangelo, non mero testo letterario, ma esperienza viva di incontro.
Nella quotidianità la nostra coscienza si misura con le dinamiche che la mettono più in difficoltà, ma anche la provocano a crescere, accogliere, uscire allo scoperto: la dimensione affettiva, la corporeità, l’impegno sociale e politico, il rapporto con il denaro, con l’ambiente, con la cultura, con le nuove tecnologie da abitare con responsabilità, con le scelte impattanti della fine dell’esperienza matrimoniale per separazione e divorzio, l’impegno nel conciliare vita familiare e gli impegni sociali (tra cui in particolare il lavoro), l’omosessualità.
Nel consiglio regionale dell’Azione Cattolica del Triveneto che si è tenuto il pomeriggio di domenica 3 dicembre, intitolato “Coscienze migranti. Credenti di fronte al fenomeno migratorio”, le presidenze diocesane del Triveneto hanno richiamato la dinamica della formazione delle coscienze nell’incontro/scontro tra fede e vita provocato dai moderni fenomeni migratori, che hanno profondi impatti sulle coscienze di chi emigra e di chi accoglie. La riflessione è stata stimolata dalla testimonianza di S.E. Carlo Roberto Maria Redaelli, Vescovo di Gorizia, Presidente della Caritas Italiana, di don Paolo Iannaccone Presidente del Centro di accoglienza E. Balducci e dell’Assessora del Comune di Padova, Francesca Benciolini.
La scelta è caduta su un tema di stretta attualità, perché troppo spesso approcciato in modo polarizzato o ideologico, perché lo stile con cui viene trattato nell’agone pubblico (dalla stampa, dalla politica, nel web) ne rende difficile la visione personale, spingendo il cittadino e anche il cristiano verso atteggiamenti di ansia, timore, indifferenza, emotività, o un approccio meramente burocratico, senza che siano in grado di fare sullo stesso discernimento personale o comunitario.
Il fenomeno migratorio interpella la coscienza dei credenti, cresciuti nella parte fortunata del mondo, con un colore della pelle sufficientemente chiaro, che non hanno attraversato di recente guerre o collassi economici o climatici. Interroga su cosa significhi oggi farsi prossimo, sul dialogo interreligioso; sul perché la foto di un bambino morto affogato prima ci emoziona, ma poi ci diventa indifferente; sul perché magari siamo favorevoli all’accoglienza, ma facciamo una grande fatica ad accettare degli immigrati nel nostro condominio.
La coscienza impatta sulla possibilità di spostarsi e muoversi in libertà in cerca di formazione, di realizzazione e di migliori condizioni di vita che non sussistono solo per i nostri figli, giovani nati non per merito nei luoghi più ricchi della Terra. La nostra coscienza cristiana è sollecitata dal Vangelo a una risposta univoca nell’incontro con persone che hanno bisogno di aiuto, mentre ci giriamo dall’altra parte. Ci provoca a suggerire attenzioni specifiche verso i progetti di vita e di attesa delle persone che arrivano per motivi di studio e di realizzazione personale, non tutte intenzionate a stabilirsi nel nostro Paese. Ci invita, parlando con libertà, a sollecitare la società civile e la politica a rispondere ai bisogni delle persone, chiedendo alle amministrazioni pubbliche di semplificare le questioni che coinvolgono la persona, anziché complicarle. È dentro una coscienza formata alla scuola del Vangelo che si comprende come a ogni popolo devono essere garantiti i diritti umani fondamentali, insieme alla possibilità di integrazione e di condivisione, perché ognuno possa portare agli altri e ricevere dagli altri un contributo per crescere, migliorare e veder affermata, in un costruttivo dialogo interreligioso, anche la libertà di culto che non sempre trova attuazione.
In quanto cittadini la coscienza ci stimola a comprendere che alle nostre comunità di appartenenza, sempre più multietniche ormai senza confini territoriali limitati, per i principi della Dichiarazione universale dei diritti umani e i fenomeni della globalizzazione, sono attribuite responsabilità verso qualsiasi essere umano ovunque nel mondo: ci coinvolge ciò che accade dentro la comunità locale e al di fuori di essa. Le nostre terre trivenete sono costituite da città migranti per la storia passata, non solo per quella di recente immigrazione, che oggi faticano ad avere un controllo e ad amministrare il territorio perché non hanno strumenti anagrafici che certifichino l’appartenenza di chi si muove e vive in esse. Come una coscienza formata si pone davanti a queste sfide, alla sfida dell’accoglienza e delle sue modalità attuative più rispettose della dignità umana? Quanto promuoviamo confronti e dibattiti costruttivi con le amministrazioni pubbliche e la società civile per trovare insieme soluzioni dignitose? Dove ci collochiamo come comunità cristiane di laici battezzati adulti nella fede? Sulle coscienze spente e inermi ha la meglio l’indifferenza. Nelle situazioni complesse, che interpellano, provocano, sollecitano, le coscienze formate alla scuola del Vangelo abitano la complessità dell’umanità, mentre evitano le semplificazioni pericolose, i proclami, le formule fatte, gli slogan.
Se “la coscienza è lo spazio in cui ci confrontiamo con la verità, il sacrario dove custodiamo il tesoro del nostro personale incontro con il Signore, il cuore in cui diamo senso alle tante esperienze della nostra vita, dove tutti i frammenti della nostra esistenza sono riuniti in unità” (dal Progetto formativo dell’Azione Cattolica Perché sia formato Cristo in voi, ed. AVE), è sul modo in cui l’avremo alimentata, esercitata, agita che il Signore della Vita ci chiederà conto: saremo giudicati solo sull’amore per i nostri fratelli, in cui Lui ci svela il suo volto.
Elena Sindaco – segretaria della delegazione AC Triveneto
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